- Partenza da Aosta: il fondovalle la “plaine”
- Il tour della Valpelline
- I villaggi di media montagna
- Entriamo nella Valpelline
Partenza da Aosta: Il fondovalle e la “plaine”
In Valle d’Aosta, il fondovalle può considerarsi approssimativamente quella porzione di territorio coincidente con la Plaine che ― in opposizione alla Montagne ― è considerata uno dei quadri ambientali di base della regione. Questa è caratterizzata da una lingua di terra pianeggiante che si insinua tra le Alpi Graie e quelle Pennine, occupa il 4% del territorio valdostano e comprende quelle località poste lungo la piana della Dora Baltea, da Morgex a Pont-Saint-Martin.
Il fondovalle valdostano è storicamente legato allo sviluppo delle reti stradali e in particolar modo al flusso dei traffici attraverso le Alpi, dal momento che la sua particolare configurazione geografica e morfologica ha favorito nel corso della storia la localizzazione delle infrastrutture viarie, dalla strada romana fino all’autostrada.
Lungo la Plaine sorgono i maggiori centri urbani della Valle come Aosta, Châtillon, Saint-Vincent, Verrès, Pont-Saint-Martin: la maggiore disponibilità di terre pianeggianti ha infatti creato i presupposti ideali per lo sviluppo degli insediamenti e delle attività umane.
Vedere il libro Augusta Vittoria Cerutti, La «Plaine» et la «Montagne» de la Vallée d’Aoste, Musumeci Editore, Aosta, 1980.
Il tour della Valpelline
La Valpelline è una valle laterale della Valle d’Aosta sulla sinistra orografica, ha origine dall’anfiteatro montuoso costituito dalle Dents des Bouquetins (3839 m), Tête Blanche (3710 m), Tête de Valpelline (3798 m) e la Dent d’Hérens (4175 m), le Grandes Murailles (Punta Margherita 3901 m), les Petites Murailles (Punta Budden 3631 m) e lo Château des Dames (3489 m) percorsa per tutta la sua lunghezza dal torrente Bhuthier si unisce alla Valle del Gran San Bernardo all’altezza del paese di Gignod per terminare nella Conca di Aosta, proprio sul margine nord della città. Dal Paese di Valpelline si dirama la Valle di Ollomont che si sviluppa per 7 km in direzione nord ovest per poi virare verso nord. La Valle di Ollomont ha origine dall’anfiteatro costituito dal mont Vélan (3734 m), Grand Tête de By (3588 m), Tête Blanche de By (3413 m), Mont Avril (3347 m), Mont Gelé (3515 m) e la catena del Morion (Campanile del Morion 3505 m) anfiteatro sovrastato dal Gran Combin che si trova completamente in svizzera ma svetta con la sua possenza su versante valdostano.
La Valpelline si sviluppa da Aosta (583 m) in direzione nord per circa 5 km fino alla fraz. di Variney (782 m) per poi dopo 13 km arrivare a Valpelline (964 m). Dopo altri 7 km si arriva ad Oyace (1377 m), proseguendo sulla strada regionale per ancora 5 km si raggiunge Bionaz (1606 m), infine percorrendo gli ultimi 33 km si raggiunge la diga di Place moulin (1968 m) sempre situata nel comune di Bionaz.
La Valpelline originariamente occupata dai Salassi (almeno dal IV secolo a.C), fu nei secoli una grande via di comunicazione tra il nord e il sud Europa, attraverso valichi quali il Col Duran (Ollomont) e il Col Collon (Valpelline), soprattutto per lo scambio di bestiame e metalli. Ancora oggi sono presenti testimonianze etimologiche nei toponimi del loro passaggio.
Nel corso della storia, la Valle vide l’insediamento di diverse popolazioni (è doveroso ricordare i Romani, che fondarono la loro colonia con capitale Augusta Praetoria, e i Saraceni, probabili costruttori della Tornalla (Oyace), uno dei più antichi castelli della Valle d’Aosta) fino al 1032 d.C, data con la quale ha inizio il dominio di casa Savoia che condizionerà la storia della valle per nove secoli, fino all’unità d’Italia nel 1861.
Il Tour della Valpelline è un tour escursionistico-culturale di 11 tappe, che si snoda tra sentieri, mulattiere, frutteti e villaggi alpini valdostani. “Quest’ultimi sono caratterizzati dalla presenza di spazi comunitari (slarghi con fontane, forni, passaggi, ripari, angoli conviviali…), e dalla struttura densa ma dispersa degli spazi privati (abitazioni, stalle, fienili, granai, dispense in grotta) essendo assente qualsiasi preoccupazione di rinchiudersi a difesa dei beni e della privacy.
“Tutti questi scorci suggestivi fanno breccia in qualsiasi viandante e si finisce per intasare la scheda-memoria della fotocamera” (Andar per sassi, Francesco Prinetti).
Il punto di partenza e di arrivo del Tour è piazza Giovanni XXIII di Aosta (area sacra del foro romano di Augusta Praetoria) dove oggi sorge la Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Giovanni Battista costruita alla fine del IV secolo d.c.
I villaggi di media montagna
L’ambito territoriale della media montagna emerge per differenza dalla fascia del fondovalle e dall’alta montagna, configurandosi come quel territorio approssimativamente situato tra gli 800 e i 1200 metri di quota. Esso si colloca principalmente sui versanti della valle centrale e sui gradini di confluenza di quelle laterali, e si presenta come un paesaggio montano dai caratteri meno eccezionali rispetto a quelli dell’alta montagna. Occupa, di fatto, una porzione di territorio limitata a causa della conformazione molto scoscesa dei versanti, interrotti soltanto episodicamente da terrazze orografiche.
È in questo ambito che anticamente hanno trovato accoglienza i primi insediamenti. Il clima favorevole, l’ottimale esposizione al sole dell’adret, i boschi e gli alpeggi dell’envers, congiuntamente con le difficili condizioni di una piana soggetta a regolari esondazioni della Dora Baltea e caratterizzata da numerose zone acquitrinose, hanno fatto sì che storicamente la media montagna fosse il territorio privilegiato dall’uomo per stabilirvi la propria residenza e per organizzare le proprie attività agricole e pastorali.
È proprio dell’economia tradizionale fondare la propria organizzazione su di un sistema insediativo diffuso, formato da numerosi villaggi di dimensioni modeste. Situati prevalentemente, come si è visto, nella fascia della media montagna ma diffusi più o meno uniformemente fino ai 1800 metri di quota, questi numerosi insediamenti si presentano compatti e posizionati in modo da essere di minimo ingombro per i terreni agricoli di pertinenza, con cui erano in rapporto diretto.
All’interno di questo sistema gli spostamenti risultano un elemento importante per decifrare i rapporti all’interno della comunità del villaggio e delle relazioni con le altre, e costituisce un criterio di interpretazione della struttura e dell’utilizzo saltuario degli edifici, dei tempi in cui questo avveniva. I collegamenti seguivano la direzione privilegiata alto-basso, a seconda delle stagioni del lavoro agricolo e dell’allevamento: se dai villaggi di versante i pastori salivano verso le terre più alte, i cui pascoli estivi erano di utilizzo comune ad una collettività più vasta, allo stesso tempo dalle valli scendevano i lavoratori delle vigne situate sui versanti della valle centrale.
Queste condizioni, oltre a descrivere una struttura sociale fondata sul mutuo soccorso, necessario per far fronte alle asperità di una vita fatta di difficoltà, hanno pertanto determinato in passato una crescita demografica delle zone di media montagna molto maggiore rispetto agli insediamenti dell’alta montagna, mentre attualmente risulta l’ambito più sensibile allo spopolamento a favore della plaine e delle località turistiche d’alta quota.
Se da sempre l’economia portante della fascia di media montagna si è basata sull’agricoltura, la viticoltura, l’allevamento (grazie anche ai cereali prodotti, come ad esempio la segale) e la selvicoltura per la produzione di legname, e queste attività hanno retto la concorrenza dell’industria almeno fino al secondo dopoguerra, ora esse si trova in una condizione di netto declino.
L’abbandono dell’agricoltura come fonte di sostentamento nella media montagna non è stato pertanto compensato dalla crescita di altri settori come quello industriale, tendenzialmente appannaggio della Plaine, o quello turistico che riguarda principalmente l’alta montagna, e ha prodotto un netto calo demografico delle zone sopraccitate cui è corrisposto l’abbandono dei terreni agricoli con il conseguente inselvatichimento e rimboschimento dei versanti dopo millenni di coltivazione e di gestione degli stessi.
Questo fenomeno nella Valpelline, è particolarmente evidente nei paesi come Gignod, Roisan e Doues.
Entriamo nella Valpelline
Se si considera che meno del 15% del territorio regionale si colloca al di sotto dei 1200 metri di altitudine, l’alta montagna si presenta come l’ambito cui corrisponde una caratterizzazione morfologica, altimetrica e climatica più diffuso in Valle d’Aosta. Basti pensare che il territorio regionale si estende ad una altezza media di 2106 m. All’interno del territorio della Valle d’Aosta vanno però distinte situazioni molto differenti: dalla zona più consistente, inabitata e occupata prevalentemente da rocce e ghiacciai a quella coperta da boschi e pascoli, dalle terrazze orografiche fino alle zone più accessibili delle valli tributarie, ai piedi delle catene montuose, dove si collocano alcuni degli insediamenti che in questo paragrafo vengono presi in considerazione.
L’alta montagna è anche fortemente caratterizzata dall’ingente presenza di risorse naturali e di valori particolari. Una volta cessata la fase storica dello sfruttamento minerario (fine anni settanta), il territorio alpino ha visto il permanere degli impianti che utilizzano a fini idroelettrici l’acqua dei bacini naturali e artificiali.
Tutti i comuni della Valpelline formano un ampio territorio che, malgrado lo spopolamento e l’abbandono generalizzato delle pratiche agricole, offre ancora ampie superfici gestite come prati falciabili e, più in alto, utilizzate come superfici pascolive. Si può dividere idealmente la valle in quattro fasce ad altitudine crescente: il fondovalle coltivato,la foresta, i pascoli ed infine l’ambiente alpino formato da rocce nude, nevi perenni e ghiacci. Ognuna di queste fasce ospita una propria fauna specifica che però può occupare alternativamente tutte le fasce altitudinali, almeno per un periodo più o meno lungo dell’anno
L’esposizione comunque gioca un ruolo determinante per determinare la flora e la fauna.
Lo sfruttamento dell’acqua e dei minerali
Nella Valpelline troviamo numerosi “ru”, ovvero ruscelli che attraversano i monti a diverse altitudini seguendo tracciati realizzati dall’opera ingegnosa degli abitanti dei villaggi e che servivano e servono ancora per l’irrigazione dei terreni. Oggi sono stati per la maggior parte incanalati pur mantenendo gli stessi tracciati e si sono trasformati in comodi sentieri percorribili anche in mountain bike o a cavallo e offrono paesaggi di particolare suggestione. Il Comune di Roisan è attraversato da ben cinque rus: il ru Pompillard che parte da Valpelline, il ru Prévot, il ru Champapon, il ru Mort ora abbandonato, il ru des Vignes che termina al castello di Rhins. Fin dal 1400 le acque della conca di By sono state canalizzate nel ru de By e nel ru des Monts. Il ru de By attinge l’acqua dai ghiacciai sopra By, attraversa orizzontalmente tutti gli alti pascoli di Ollomont e Doues e finisce sopra Allein. Il ru des Monts ha inizio a Vaud di Ollomont, percorre la collina della riva destra del paese e attraverso una galleria lunga 800 metri arriva a Chatelair nel comune di Doues.
La diga di Place Moulin a Bionaz è un enorme sbarramento capace di contenere 105 milioni di metri cubi di acqua.
È stata costruita tra il 1958 e il 1965 ed ha cambiato l’aspetto dell’alta valle di Bionaz: la più estesa zona pianeggiante del comune è stata sommersa dalle acque, alcuni sentieri sono diventati inaccessibili, muri di cemento e cascate di pietre ricordano ancora oggi i tempi della costruzione della diga. Nel 1955 anche a By è stata costruita una piccola diga che raccoglie le acque della conca di By e di Eau Blanche. La condotta attraversa Les Arsines e da qui invia le proprie acque alla centrale di Valpelline.
Nella valle di Ollomont nel 1699 furono scoperti giacimenti di rame. La nuova attività estrattiva diede un notevole impulso al paese fino ad allora dedito solo all’agricoltura.
Nei primi anni del ‘900 vennero eseguiti grandiosi lavori per l’estrazione e la lavorazione del materiale: un forno americano a Valpelline, un tunnel di scarico a Frissonière (Valpelline) ed a Ollomont una centrale elettrica, una laveria e delle pompe. Fra Valpelline ed Ollomont in quel periodo vi lavoravano più di mille operai. Alcuni anni più tardi però la miniera venne chiusa perché era troppo povera ed i costi per l’estrazione ed il trasporto del materiale troppo elevati.
Ad Ollomont rimangono delle testimonianze interessanti di quel periodo: sono infatti visibili gli ingressi della miniera a Rey, mentre a Balme sono ancora presenti le case degli ingegneri e degli operai,oggi in attesa di ristrutturazione.
A Frissonière una galleria della miniera è stata adibita dalla Cooperativa Produttori Latte e Fontina allo stoccaggio del formaggio tipico valdostano.
Confini e passaggi
Le montagne della Valpelline segnano il confine con la Svizzera e fin dai tempi più remoti dai valichi sono transitate le popolazioni che invasero l’Italia. Nel 1035 i Saraceni furono respinti dai valligiani al col Durand nella valle di Ollomont. Dopo l’anno Mille e fino al XIII sec. vi furono sanguinose contese fra i montanari vallesani e valdostani per il possesso dei pascoli di confine. Numerose località ricordano queste battaglie: Plan de Bona Mort a Place Moulin (Bionaz), Bois de la Bataille a Ollomont, Plan de la Bona Mort a By (Ollomont), Plan Détruit a Doues.
I valichi come il Collon e la Fenêtre Durand servivano regolarmente da transito per il commercio, soprattutto di bestiame, ed erano guarniti di fortificazioni. In tempi più recenti, durante la seconda guerra mondiale, i valichi si trasformarono in vie di fuga dalle milizie fasciste di esuli ebrei o antifascisti verso la neutrale Svizzera.
Nel settembre 1943 Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica Italiana, ricercato dalla polizia neofascista, transitò dalla Fenêtre Durand per fuggire in Svizzera: una targa sul colle ne ricorda l’espatrio clandestino. La brigata partigiana di Ettore Castiglioni era stanziata all’alpe Berio di Ollomont e si occupava dell’espatrio degli esuli politici sempre attraverso la Fenêtre Durand.
Negli anni ’60 la Fenêtre Durand era percorsa anche dai contrabbandieri che con le “bricolle” cariche di sigarette cercavano di eludere la sorveglianza dei doganieri.
Villaggi e architettura
Anche nella Valpelline i versanti abitati sono quelli posti all’adret e quindi più soleggiati. Le case dei villaggi si addossano alla montagna e si stringono le une alle altre per non occupare i vicini terreni coltivabili. Le case rurali più antiche risalgono al XV sec. e sono costruite con materiali locali: pietra e legno di larice.
La maggior parte delle costruzioni ha una struttura in muratura con pietre legate con malta d’argilla o di calce. Il tetto è a filo della muratura. Dispongono di due livelli: a quello inferiore si trovava la stalla dove gli uomini coabitavano con gli animali, mentre a quello superiore era situato il fienile.
Nel XVII – XIX secolo si costruiscono case più ampie e meno austere con tetti debordanti sulle larghe facciate rivolte a sud e ornate di balconi sulle quali si affacciano numerose finestre. A Vaud di Ollomont si trovano accanto a piccole case rurali basse alcuni esempi di grandi costruzioni del XVIII secolo, epoca molto favorevole per il comune, corrispondente al massimo sfruttamento della miniera di rame. I grandi proprietari fondiari costruiscono case divise in due corpi, uno riservato allo sfruttamento rurale e l’altro all’abitazione; esempi di tali edifici sono presenti nei vari comuni della Valpelline. Costruttori ed occupanti hanno “firmato” il loro lavoro o inciso i simboli per implorare la protezione divina. Le iscrizioni sono sempre situate in posizioni che si scoprono facilmente: sull’architrave delle entrate, sul basamento del camino o sulla carpenteria. Nel paesaggio sono inoltre presenti numerose costruzioni temporanee semplici ma funzionali allo sfruttamento dei territori di più difficile accesso per l’altitudine o la distanza dai villaggi permanenti. Ogni valle laterale ospitava un “mayen” o una stazione di alpeggio. Il modello architettonico comprendeva in genere due tipi di spazi distinti: la stalla e il caseificio, un locale polivalente che un tempo fungeva anche da cucina e dormitorio. Dove sono frequenti i pericoli di valanghe, si trovano delle stalle sotterranee a volta, delle “crotte” lunghe e strette come delle gallerie.
L’alpinismo e il turismo
La prima ascensione nota nel tratto delle Alpi Pennine è la conquista nel 1779 del Mont Velan ad opera del canonico del Gran San Bernardo Murith, ma è dal 1860 con la visita dell’inglese Edward Whymper che comincia una vera campagna di conquista delle vette della Valpelline: dal Mont Gelé alla Dent d’Hérens, dalla Becca del Luseney alla catena del Morion. La salita al Grand Combin ha una storia tutta elvetica: nel 1859 il Combin di Grafeneire è stato raggiunto da Charles Sainte-Claire Deville con le guide Balleys e Dorsaz, la spalla Isler nel 1872 è stata percorsa da Henri Isler con la guida Joseph Gillioz. Fra gli alpinisti italiani più attivi in Valpelline figurano i torinesi Ettore Canzio, Felice Mondini e Nicola Vigna: tra le loro imprese la prima salita della Punta Fiorio nella catena del Morion. I tre alpinisti hanno avuto anche il merito di lasciare una precisa monografia delle montagne dal titolo In Valpellina, pubblicata nel 1899 dalla sezione di Torino del CAI. Un personaggio di spicco della storia dell’alpinismo in Valpelline è l’Abbé Henry. Nato a Courmayeur nel 1870, divenne parroco di Valpelline nel 1903 e vi rimase fino alla sua morte nel 1947. Gli interessi che lo legarono alla montagna furono molteplici, tanto che fu storico, poeta, filosofo, naturalista, alpinista e cartografo.
Appassionato di botanica aveva aiutato l’abate Chanoux ad allestire il giardino Chanousia. L’abate ridiede vita alla “Société de la Flore Valdotaine”nata nel 1869 dai canonici Carrel e Bérard e ne diventò il presidente nel 1901. Ben presto “La Flore”abbracciò tutti i campi delle scienze naturali e venne attorniata da studiosi importanti ,provenienti da tutta Europa.
Il sacerdote in oltre quarant’anni scalò un gran numero di cime inviolate della Valpelline ed fu punto di riferimento per generazioni di alpinisti. Tra i suoi scritti ricordiamo La Guide du Valpelline pubblicata nel 1925, dove illustrò le caratteristiche della valle e le escursioni più interessanti. Negli anni che hanno seguito il secondo conflitto mondiale sulle cime della Valpelline si è registrata un’intensa attività alpinistica di buon livello e le guide sul territorio hanno progressivamente acquistato professionalità. Nel 1960 si sono riunite in associazione ed è nata la Società Guide e Portatori della Valpelline. Con la diffusione dell’alpinismo che nel secolo scorso aveva lasciato ben sperare per il futuro di tutta la Valpelline sono sorti in varie località grandi alberghi ora dismessi: l’Hotel Posta a Valpelline, l’Hotel Otemma a Oyace, l’Albergo di Prarayer a Bionaz, l’Albergo Italia ad Ollomont. Per facilitare le ascensioni o le traversate delle montagne sono sorti in Valpelline numerosi bivacchi e rifugi.
I prodotti del territorio
La Valpelline si basava un tempo quasi esclusivamente su un’economia agro pastorale. Nei comuni a bassa quota come Roisan e Valpelline dove si potevano sfruttare la posizione soleggiata, il terreno fertile e la disponibilità di acqua il territorio è stato intensamente coltivato a cereali (mais, avena, segale) e alberi da frutta. Più in alto i grandi pascoli di Doues, Ollomont e Bionaz permettevano l’allevamento del bestiame e quindi la produzione di burro e fontina. Nelle stalle non mancava il maiale che veniva allevato appositamente per ottenere carne e lardo per la produzione di “boudins e saucicces”, piccoli insaccati molto gustosi che venivano preparati solitamente in dicembre e fatti stagionare in appositi locali ben aerati.
Pane nero, polenta e patate erano alla base della cucina “povera” tipica delle zone montane. Uno degli aspetti più antichi e caratteristici del mondo valdostano è la preparazione del pane nero: verso la fine di novembre i contadini facevano macinare la segale e il frumento per poi impastare e cuocere nel forno del villaggio i pani che dovevano bastare per tutto l’anno. Nelle varie località della Valpelline sono presenti bellissimi forni; ristrutturati, sono oggi funzionanti però solo in particolari festività o per i turisti.
Ogni anno a fine luglio, la Pro Loco di Valpelline prepara e distribuisce un piatto tradizionale, la “Seupa à la vapelenentse” a base di pane raffermo, burro, fontina e brodo di carne e verdure. La seupa era il piatto unico che forniva le calorie necessarie al duro lavoro dei montanari; oggi la gastronomia regionale più raffinata ha recuperato questo piatto semplice. A Oyace nella settimana di ferragosto si svolge ogni anno la Festa della Fontina, dove si preparano diversi piatti con il formaggio tipico.
Hanno partecipato alla stesura dell’articolo:
Roberto Dini, Andrea Cotellucci, Cristian Bredy, Max Monticone, Laurent Perron